Viaggio a Castelvetrano nella Sicilia di Libera Terra

Il viaggio comincia lunedì 16 ottobre. Abbiamo ricevuto da Laura, prima della partenza, le informazioni del caso, soprattutto sugli impegni di formazione e di lavoro («Non è una vacanza!»). La meta è Triscina, località della costa trapanese, ove a pochi passi dal mare è ubicata la villetta confiscata a un boss locale e data in gestione, in base alla legge 109 del 1996 per cui è nata Libera, alla Cooperativa sociale Talenti di Castelvetrano (feudo di Messina Denaro, per chi non lo ricordasse). La villetta, a cui è stato dato il suggestivo nome “Nido delle rondini”, è utilizzata per accogliere gruppi che, come noi, partecipano ai campi di volontariato sui beni confiscati. Il tempo di sistemarsi e siamo subito chiamati al primo dei numerosi incontri di formazione di questo viaggio, una conversazione con uno dei tanti “eroi” (guai a usare questo termine con loro) dell’antimafia “di tutti i giorni” in cui ci imbatteremo.

Faccio una premessa per non rischiare di essere ripetitivo: quasi tutti gli incontri sono stati, oltre che istruttivi e stimolanti, capaci di sollecitare corde emotive, perché dalle parole degli interlocutori emergeva, oltre alla professionalità e all’impegno, una sconfinata passione. Darò quindi per sottintesi gli aggettivi “toccante” e “struggente” per tutte le testimonianze che abbiamo avuto il privilegio di ascoltare. La prima conversazione è con Vincenzo Pugliese, presidente della Cooperativa Talenti, che fungerà anche da responsabile locale del nostro campo. La cooperativa ha come mission primaria la gestione di comunità alloggio per minori.

Nei due giorni successivi, in tenuta da lavoro, raggiungiamo la mattina gli oliveti della Valle del Belice che la Cooperativa Rita Atria – Libera Terra ha ottenuto dopo la confisca. All’inizio si registra una certa lentezza, poi col tempo prendiamo la mano e diventiamo più produttivi nella raccolta, che è fatta a mano, ramo per ramo. Qui prevale l’oliva nocellara del Belice e la Rita Atria adotta sistemi di coltura rigorosamente biologici.

Nel pomeriggio di martedì due tappe: la Cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera, con sede a Trapani, è uno dei pochi esempi di aziende non agricole confiscate e rigenerate in forma cooperativa, grazie alla resilienza dei dipendenti e alla illuminata collaborazione del Prefetto Fulvio Sodano. Da notare che la Ericina Libera ha acquisito meriti anche in campo ecologico: è una delle poche aziende del settore nel Mezzogiorno che produce, su suggerimento di Legambiente, aggregati riciclati (sabbia, pietrisco) attraverso il riutilizzo di macerie e altro materiale inerte.

Salutiamo il presidente di Ericina Libera Giacomo Messina e raggiungiamo Pizzolungo, frazione di Erice, ad ascoltare dalla viva voce del giornalista Rino Giacalone la tragica vicenda di tre vittime “per caso”, Barbara Rizzo e i suoi due gemellini di sei anni, uccisi da un’autobomba destinata a colpire il magistrato Carlo Palermo.

Nel pomeriggio di mercoledì siamo a Marsala e presso il locale tribunale, dove pensavamo di avere un incontro formale con un giovane magistrato antimafia, Fabrizio Guercio, siamo protagonisti di un’esperienza abbastanza spiazzante. Ci fanno assistere a un processo con imputato Matteo Messina Denaro, che, essendo defunto, beneficia del non luogo a procedere. Siamo, tra l’altro, un po’ imbarazzati perché il nostro abbigliamento estivo non è propriamente consono ad un’aula di Tribunale, ma la Presidente Alessandra Camassa si mostra molto comprensiva e disponibile. La conversazione con il dott. Guercio e il presidente della Sezione Penale Vito Saladino è tutt’altro che formale: i due si dicono molto preoccupati per l’attacco che la Magistratura sta subendo da parte del governo e di certi media (caso Apostolico) e ci esortano a impegnarci come cittadini per tutelare l’autonomia dell’autorità giudiziaria. Avevamo solcato quella soglia convinti di sollecitarli a resistere nella lotta alla criminalità organizzata, ma si sono ribaltati i ruoli, sono loro a chiedere aiuto a noi.

Ci rechiamo poi presso l’associazione “Finestre sul Mondo” di Salvatore Inguì, coordinatore di Libera per la provincia di Trapani. Con la sua capacità istrionica e affabulatoria Salvatore ci fa dimenticare che saremmo lì a parlare di antimafia: ci presenta i suoi pupi siciliani e la straordinaria raccolta di maschere e statue del sud del mondo. Ma forse, questo impegno per preservare una pagina importante (l’Opera dei pupi) della cultura tradizionale siciliana non è poi tanto lontano dalla lotta per una Sicilia disintossicata dalla mafia. È risaputo: a un’economia sana e alla legalità occorre affiancare dosi massicce di cultura e di arte.

Giovedì siamo a San Giuseppe Jato. Giornata cruciale, perché oggi è prevista la visita della Cooperativa Placido Rizzotto, la prima che nel 2001 ha dato vita al progetto Libera Terra, una rete di cooperative sociali che gestiscono terreni e strutture confiscati alle mafie. Attualmente le cooperative della rete sono nove, cinque in Sicilia, due in Calabria, una in Campania e una in Puglia. Nel 2008 nasce il Consorzio Libera Terra Mediterraneo, con sede a Palermo. Il Consorzio coordina la produzione delle cooperative aderenti e segue la trasformazione in prodotti finiti, curando tutte le fasi dello sviluppo del prodotto, dall’ideazione alla commercializzazione. È grazie al Consorzio se troviamo sugli scaffali dei nostri punti vendita i prodotti Libera Terra. Avremo modo di riassaporarne la bontà con un pranzo presso l’agriturismo gestito dalla Cooperativa, ovviamente collocato in un casolare confiscato.

Incontriamo Francesco Citarda, presidente della Placido Rizzotto e del Consorzio, e Valentina Fiore, amministratore delegato del Consorzio. Ci spiegano che le cooperative di Libera Terra si muovono su tre assi: la professionalità, la sostenibilità ambientale, il legame con la terra e i suoi prodotti tradizionali. Il paesaggio è bellissimo, siamo circondati dai vitigni dell’Alto Belice Corleonese. Area tristemente nota per la presenza mafiosa ma anche per aver visto nascere movimenti di emancipazione dei lavoratori. Non a caso la cooperativa è intitolata a Placido Rizzotto, sindacalista assassinato dalla mafia nel 1948. E dopo pranzo è d’obbligo un pellegrinaggio in uno dei luoghi simbolo delcrimine mafioso diretto a colpire, per difendere gli interessi dei latifondisti, il movimento contadino e cooperativo. Siamo al Memoriale di Portella della Ginestra, dove il 1° maggio 1947 Salvatore Giuliano e i suoi sgherri hanno trucidato undici persone, tra cui una bambina di otto anni, riunite per celebrare la festa dei lavoratori.

Di bambini vittime della mafia c’è un elenco lunghissimo e incompleto (perché alcuni processi sono ancora in corso). Lo si può leggere nel Giardino della Memoria a loro dedicato, allestito in Contrada Giambascio, nelle campagne di San Giuseppe Jato. Il casolare era un rifugio utilizzato dai mafiosi. Qui, dopo due anni di prigionia in condizioni disumane, è stato strangolato e sciolto nell’acido il quattordicenne Giuseppe Di Matteo, su ordine di Giovanni Brusca. Abbiamo rievocato la vicenda leggendo a turno la testimonianza di uno degli assassini. Ne è seguito il silenzio. Di fronte a tanto orrore non ci sono parole.

Venerdì mattina doverosi tributi al Memoriale di Capaci e all’albero di ulivo di via D’Amelio, a Palermo. Poi incontro con Carmelo Pollichino, presidente dell’Associazione Libera Palermo, presso la Bottega dei saperi e dei sapori di Libera. Siamo in una città a dir poco complicata e qui Libera deve affrontare problematiche diverse rispetto alle cooperative che operano nelle campagne. Si occupano di abbandono scolastico nei quartieri popolari e di preoccupante diffusione di un veleno che si chiama crack.

Venerdì pomeriggio visita di Castelvetrano e incontro con le autorità cittadine: sindaco, vicesindaco, presidente del consiglio comunale. L’impressione è positiva, anche a lui un invito a proseguire sulla via del riscatto di una terra problematica ma meravigliosa.

Sabato mattinata culturale con la visita al parco archeologico di Selinunte (davvero notevole). Nel pomeriggio salta, per motivi di salute dell’interlocutrice, il collegamento da remoto con Antonella Borsellino (nessuna parentela col magistrato), referente di Libera per l’agrigentino. Ettore ci racconta la sua storia. Il padre e il fratello, imprenditori, sono stati uccisi per non essersi piegati al ricatto mafioso.

Si torna a casa con un bagaglio che non è fatto solo di effetti personali e di prodotti locali. Vero: non è stata una vacanza, ma un viaggio di scoperta e di riflessione, su una realtà che molti di noi conoscevano solo attraverso le letture, i media, i sentito dire. Una realtà su cui pendono troppi luoghi comuni. Un viaggio ad altissimo tasso emotivo. Uno di quei viaggi che non finiscono con il ritorno a casa e che ti tieni dentro per sempre. Giornate intensissime e nessuna tappa che abbassasse il livello di attenzione e di interesse. Intendiamoci: non sono mancati momenti di distensione, soprattutto quando ci si sedeva a tavola (la gastronomia è un altro aspetto che ha reso memorabile l’esperienza) e nei dopocena innaffiati dai buoni vini locali. Momenti che hanno contribuito a consolidare l’affiatamento del gruppo e l’amicizia tra persone che per lo più non si conoscevano. Corre l’obbligo a questo proposito di riconoscere il prezioso apporto di Ettore, capace di coniugare le doti di organizzatore appassionato con quelle di infaticabile propulsore di socializzazione.

Un’ultima osservazione: una delle parole che più ricorrono in queste note è “cooperativa”. Non c’è da stupirsi. La cooperazione è per natura un antidoto alle storture di un sistema economico dominato dalla logica del profitto e della speculazione (non tiratemi fuori, per favore, le false cooperative che non c’entrano nulla con la nostra storia). Le cooperative di Libera Terra sono portatrici di diritti, di equità salariale, di rispetto per l’ambiente e per le persone. Qualcuno ha detto: «Chi fonda una cooperativa crede in un modo diverso di produrre, un modo diverso di lavorare, un modo diverso di stare nella società. Il “miracolo” della cooperazione è una strategia di squadra che apre un varco nel muro della folla indifferente che esclude chi è più debole». Chi l’ha detto? Un pericoloso bolscevico? No: papa Francesco.

Questa testimonianza è di Roberto Vitale, attuale Consigliere di Amministrazione, prima socio volontario e vice presidente nel comitato soci di Vignate – Gorgonzola.

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