23 Aprile 2025
Per Riso Quanto capire il mondo in cui viviamo è importante tanto quanto mangiare bene. Per questo nella sezione RISOrse del loro sito trovi contenuti interessanti e accurati, che spiegano temi complessi in modo chiaro. Un esempio? L’integrazione degli immigrati nel mercato del lavoro.
Su RISOrse scopriamo che una buona integrazione è importante non solo per il benessere degli immigrati, che devono avere l’opportunità di costruire una vita dignitosa nel paese in cui si trasferiscono, ma anche per la popolazione locale, dato che l’immigrazione e l’inclusione lavorativa hanno un impatto su tutta l’economia e la società.
Un primo aspetto da prendere in considerazione quando si parla di integrazione è il divario tra il salario medio degli immigrati e quello dei nativi. In genere, i primi guadagnano di meno rispetto ai secondi, ma questa è solo una fotografia superficiale della situazione, perché non tiene conto delle diverse caratteristiche e competenze dei due gruppi (età, livello di istruzione, esperienza lavorativa, genere): gli immigrati in media potrebbero avere un salario minore, perché più giovani e/o perché hanno un livello di istruzione più basso rispetto ai nativi.
Per rendere il confronto più equo, gli economisti usano tecniche che tengono conto di queste differenze. In questo modo si ottiene una differenza “condizionata”, cioè calcolata a parità di caratteristiche tra immigrati e nativi. Tuttavia, in molti casi, anche a parità di istruzione, età ed esperienza, gli immigrati continuano a guadagnare meno. Questo divario salariale, allora, può essere spiegato da fattori più difficili da misurare, come la scarsa padronanza della lingua, la mancata validazione dei titoli di studio ottenuti all’estero o, purtroppo, la discriminazione.
Ma l’integrazione non è solo una questione di confronto statico. È un processo graduale, che si sviluppa nel tempo. Un immigrato appena arrivato parte molto spesso con un salario basso, ma con il passare degli anni acquisisce competenze specifiche del Paese ospitante, come la conoscenza della lingua o delle regole del mercato del lavoro. Queste competenze si sommano a quelle già possedute, come il titolo di studio o l’esperienza precedente, e rendono la persona più competitiva.
Ciò che si osserva spesso nei dati è che i salari degli immigrati crescono più velocemente di quelli dei nativi, proprio grazie a questo processo di apprendimento e adattamento. Per esempio: un immigrato inizia a lavorare con uno stipendio orario di 7 euro, contro i 10 euro di un nativo, ma se il suo salario cresce ogni anno del 10% (contro il 5% dei nativi), dopo circa otto anni i due stipendi si eguagliano, e poi quello dell’immigrato può persino superare l’altro. Questo esempio, basato su dati realistici, mostra quanto sia importante il tempo nel processo di integrazione.
Lo stesso discorso vale per il tasso di occupazione, ovvero la percentuale di persone che lavorano rispetto a quelle in età lavorativa. Anche qui, gli immigrati appena arrivati lavorano meno rispetto ai nativi, ma con il passare degli anni la differenza si riduce.
Infine, l’integrazione può dipendere anche da fattori istituzionali. Per esempio, uno studio del Migration Observatory (Centro Studi Luca d’Agliano) mostra che gli immigrati europei hanno tassi di occupazione più simili ai nativi fin da subito, mentre quelli extra-europei fanno più fatica. Questo perché gli immigrati europei, facendo parte dello spazio Schengen, godono di diritti di accesso al mercato del lavoro più favorevoli rispetto agli immigrati non comunitari e questi diritti facilitano la loro integrazione sul mercato del lavoro, aumentando la probabilità di essere occupati.
In conclusione, l’integrazione lavorativa non è un traguardo immediato, ma un percorso fatto di ostacoli, adattamenti e opportunità. Se ti interessa capire meglio come funziona questo processo e quali strumenti possono favorirlo, nella sezione RISOrse di Riso Quanto trovi l’articolo completo per approfondire il tema!